Abbiamo qui fatto una scelta piuttosto stretta delle idee portanti nella costruzione teorica di Fish. Proviamo ora a fornire qualche idea delle conseguenze che essa comporta.
Affrontiamo per primo il problema della "normalità" dell'interpretazione. Dire: «anche un semplice enunciato come "Luca ha mangiato una mela" è suscettibile di una pluralità di interpretazioni tutte ugualmente possibili» è una posizione molto debole.
La prima voce, quella del «senso comune», non ci permette infatti troppi dubbi: mangiare una mela significa nutrirsi con un frutto, e, in una determinata configurazione interpretativa, questa resta l'ipotesi più normale, cioè la prima e la più ovvia per molti ascoltatori e per molti lettori, cioè quella su cui concorderemmo e su cui molti di noi si sentirebbero di scommettere. Discorriamo obbligatoriamente di normalità, perché a seconda dei contesti di enunciazione l'enunciato ha una sua prassi interpretativa , cioè si trova all'interno di una rete di conoscenze e di aspettative tali da imporre la preferenza al lettore o all'ascoltatore verso un'interpretazione piuttosto che un'altra; tuttavia è la normalità solo per una data situazione, ovvero, come abbiamo detto, una normalità che non resiste agli attacchi del cambiamento di situazione.
La seconda questione è l'istituzionalità - che è la condizione indispensabile della normalità (ma anche dell'interpretazione, e quindi della comprensione, secondo Fish).
In altre parole, c'è un modo istituzionale di interpretare la lingua, dettato da ciò che noi sappiamo del mondo; si tratta perlopiù di categorie convenzionali imparate attraverso la ripetitività di certi accostamenti di eventi, di oggetti e di certi schemi. Un sistema di previsioni di significato che ci impone delle aspettative all'interno delle quali inserire i diversi enunciati nelle diverse situazioni («trovarsi in una situazione equivale a vedere le parole, queste o altre, come già dotate di significato»). Tutto ciò è istituzionale, perché è la base stessa del linguaggio, come suggerisce Fish: senza la condivisione e l'accettazione condivisa - quindi l'istituzionalizzazione - di questi schemi sarebbe impossibile comunicare e anche vivere.
La terza questione è la situazionalità in cui siamo immersi in ogni tipo di atto linguistico; cioè quello che spesso chiamano il «contesto». La situazionalità è in fondo l'enunciazione stessa, cioè il fatto di produrre un enunciato, il che avviene - in quanto accadimento - inevitabilmente in una situazione. Sembra
un problema piccolo, ma per l'educazione linguistica (e più in generale per l'epistemologia) è invece un problema di grandissimo rilievo.
Due esempi per convincere del peso di questa componente:
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