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2. Perché spesso interpretiamo in modo simile i testi (e gli eventi)

Abbiamo qui fatto una scelta piuttosto stretta delle idee portanti nella costruzione teorica di Fish. Proviamo ora a fornire qualche idea delle conseguenze che essa comporta.

2.1. Ogni situazione ha una sua "normalità interpretativa"

Affrontiamo per primo il problema della "normalità" dell'interpretazione. Dire: «anche un semplice enunciato come "Luca ha mangiato una mela" è suscettibile di una pluralità di interpretazioni tutte ugualmente possibili» è una posizione molto debole.
La prima voce, quella del «senso comune», non ci permette infatti troppi dubbi: mangiare una mela significa nutrirsi con un frutto, e, in una determinata configurazione interpretativa, questa resta l'ipotesi più normale, cioè la prima e la più ovvia per molti ascoltatori e per molti lettori, cioè quella su cui concorderemmo e su cui molti di noi si sentirebbero di scommettere. Discorriamo obbligatoriamente di normalità, perché a seconda dei contesti di enunciazione l'enunciato ha una sua prassi interpretativa , cioè si trova all'interno di una rete di conoscenze e di aspettative tali da imporre la preferenza al lettore o all'ascoltatore verso un'interpretazione piuttosto che un'altra; tuttavia è la normalità solo per una data situazione, ovvero, come abbiamo detto, una normalità che non resiste agli attacchi del cambiamento di situazione.

2.2. Le interpretazioni sono sempre "istituzionali"

La seconda questione è l'istituzionalità - che è la condizione indispensabile della normalità (ma anche dell'interpretazione, e quindi della comprensione, secondo Fish).
In altre parole, c'è un modo istituzionale di interpretare la lingua, dettato da ciò che noi sappiamo del mondo; si tratta perlopiù di categorie convenzionali imparate attraverso la ripetitività di certi accostamenti di eventi, di oggetti e di certi schemi. Un sistema di previsioni di significato che ci impone delle aspettative all'interno delle quali inserire i diversi enunciati nelle diverse situazioni («trovarsi in una situazione equivale a vedere le parole, queste o altre, come già dotate di significato»). Tutto ciò è istituzionale, perché è la base stessa del linguaggio, come suggerisce Fish: senza la condivisione e l'accettazione condivisa - quindi l'istituzionalizzazione - di questi schemi sarebbe impossibile comunicare e anche vivere.

2.3. Esistono molte situazioni e, di conseguenza, molte interpretazioni

La terza questione è la situazionalità in cui siamo immersi in ogni tipo di atto linguistico; cioè quello che spesso chiamano il «contesto». La situazionalità è in fondo l'enunciazione stessa, cioè il fatto di produrre un enunciato, il che avviene - in quanto accadimento - inevitabilmente in una situazione. Sembra
un problema piccolo, ma per l'educazione linguistica (e più in generale per l'epistemologia) è invece un problema di grandissimo rilievo.
Due esempi per convincere del peso di questa componente:

  1. Alcune persone pensano al giornale quotidiano, o al Web come a una fonte di verità assoluta e incontrovertibile, semplicemente a causa della situazione «lettura del testo scritto». Più volte nella storia del pensiero occidentale è stato notato infatti come il testo scritto sia uno strumento di potere e soggezione non solo per l'analfabeta, ma per chiunque abbia poca dimestichezza con la sua costruzione . E in fondo vale anche per chi possiede questa dimestichezza: se siamo onesti dobbiamo ammettere che un enunciato, secondo che sia scritto su di un libro oppure su un foglio A4 della bozza di una tesi di laurea, assume un sapore diverso. Ci aspettiamo che un libro sia stato letto e riletto, prima di essere pubblicato, che la casa editrice abbia messo a disposizione un editor per l'ottimizzazione del testo etc. Ci aspettiamo insomma due situazioni diverse.
  2. Il vocabolario - qualsiasi vocabolario - per un giovane studente - qualsiasi giovane studente - è oggetto di un fideismo pressoché assoluto. Ciò che viene detto a lezione, ciò che è stampato sul giornale, ciò che è scritto sul vocabolario: sono tutte enunciazioni che assumono un significato che dipende strettamente dalla situazione in cui avviene l'enunciazione stessa, scatenando una certa rete di presupposti costruiti su credenze. Si tratta dunque, in definitiva, di una concezione dell'ovvio, del normale, che nasce da una situazione in cui istituzionalmente siamo portati a credere in qualcosa. Sul riconoscimento di questa normalità e sulla sottolineatura della sua istituzionalità necessaria ma convenzionale si gioca il ruolo fondamentale dell'insegnamento tanto linguistico quanto scientifico.

 

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