di Daniela Guerzoni
Partiamo dal presupposto che il Linguaggio Verbale sia il primo e più importante  veicolo verso la relazione col mondo esterno: è il modo più articolato e  completo di comunicare. Possiamo comunicare anche con gesti, espressioni e  suoni, ma senza mai raggiungere la stessa efficacia comunicativa.
    Per orientarci nel mondo della psicologia  della lingua dobbiamo ripercorrere, anche se più che sinteticamente, le  principali teorie di studio sul linguaggio, poichè optare per l’una o per  l’altra comporta conseguenze operative, didattiche e pedagogiche  molto diverse tra loro.
    Vediamole:
Noi pensiamo che il bambino metta in atto  un processo attivo di costruzione della  lingua. È vero che ci sono dispositivi innati per l’apprendimento della  stessa  (più comunicativi che linguistici  in senso stretto secondo J. Bruner) di cui l’uomo dispone, ma è altrettanto  vero che questi si sviluppano solo in relazione alla frequentazione umana e,  ancor di più, in relazione alla molteplicità  dei contesti comunicativi in cui si è immersi. Tutto questo non esclude che  possano esserci molti argomenti su cui è bene tornare o storie da ripetere  all’infinito, senza giungere alla ripetizione in senso assoluto.
    La Conversazione rappresenta uno di  questi contesti comunicativi privilegiati, ove avviene il processo di  costruzione della lingua, pertanto merita un adeguato approfondimento.  
La   Conversazione appartiene alla quotidianità della  vita umana.
    Si  conversa per:
Quindi conversare significa imparare ad argomentare, condividere, esprimere, ma anche:
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