Se la lettura è un fatto complesso che vede un intreccio costante tra testo e interprete, non possiamo fare a meno di scoprire il testo scritto in tutti i suoi aspetti, così come non possiamo prescindere dalle interpretazioni personali e soggettive: esperienze, ricordi, ipotesi.
Abbiamo a lungo parlato di come questo intreccio avvenga, ma non ci siamo ancora soffermati sugli aspetti grammaticali e sintattici, anche per le difficoltà che i bambini di questa età possono incontrare inoltrandosi in percorsi così impegnativi dal punto di vista metalinguistico.
Eppure i bambini fanno i conti, da subito, con ogni aspetto del contesto in cui sono immersi e la lettura, in tutte le sue dimensioni, fa parte del contesto lettura che accompagna la loro vita e la loro crescita.
Se ci si vuole addentrare in questo tipo di analisi testuale, occorre prestare attenzione al rispetto rigoroso di ciò che i bambini pensano da un lato e, dall’altro, individuare strategie metodologiche adeguate.
Il testo potrà diventare allora un'ottima palestra per scoprire la lingua in tutta la sua ricchezza lessicale, grammaticale e sintattica. Aspetti che, a causa della loro storia scolastica, sembrano poco invitanti, mentre sono in grado di svelarci la bellezza della lingua e del suo comporsi in testi significanti.
La scoperta delle parole e del loro significato, così come di paragoni, metafore, descrizioni di persone o paesaggi, utilizzi propri e impropri dei tempi e dei modi verbali, permetterà ai bambini di dominare la lingua in tutte le sue dimensioni, in un processo continuo di crescita e di consapevolezza.
Indagare il significato delle parole, non come puro esercizio, ma per capirne le origini, le radici, la storia e le variazioni, offre ai bambini terreni molto fecondi di conquiste.
Molte sono, nella vita della scuola, le occasioni per incontrare parole nuove, di cui non si conosce ancora il significato: dalle esperienze quotidiane, all’osservazione della natura, e, soprattutto durante la lettura. I bambini tenteranno sempre e comunque di dare un senso alle parole nuove che si incontrano, facendo ricorso al proprio bagaglio culturale e familiare, avvalendosi del contesto di riferimento o, semplicemente, “interpretando” la sonorità delle parole. Si tratta di tentativi inconsapevoli, a volte più riflettuti, a volte improvvisati, più o meno indovinati, che diventano un vero e proprio arricchimento se non sono lasciati a se stessi.
È utile fare un discorso particolare sulle “figure retoriche” della lingua: le metafore, in particolare, perché aprono la strada a veri e propri processi creativi.
C'è una differenza formale, ma forse non sostanziale tra paragoni e metafore: il paragone è introdotto da un “come” che nella metafora non compare. La metafora irrompe all'improvviso, non è prevedibile. Si tratta di un vero e proprio shock cognitivo e linguistico, di un'operazione veramente creativa, importante da affrontare coi bambini, perché apre la strada ai loro stessi processi creativi o, perlomeno, alla comprensione del processo creativo.
Ci dice il prof. Frasnedi “Ogni tanto vale la pena di inciampare per incontrare zone di oscurità”. È in questi momenti, non predeterminati, che si offre spazio alla creatività. E la metafora è questo spazio, è provocazione.
Il problema di come fa la lingua a farci vedere le cose, è quello che incontriamo quando ci troviamo di fronte a una descrizione. La descrizione, fatta di parole, frasi, verbi, etc. è quel processo che, infatti, permette di vedere attraverso la lingua; con quali parole, con quali metafore, aggettivi, avverbi e predicati, è ancora tutto da scoprire per i bambini della prima e seconda infanzia. Nell’affrontare il tema della descrizione ci troveremo a fare i conti anche con aspetti percettivi, non solo grammaticali e sintattici, come: capire il rapporto tra vedere e non vedere…cosa è importante vedere e ciò che non serve e resta sullo sfondo etc. La parola d’ordine è selezionare, perché la lingua è in grado di farci vedere pur dicendoci pochissimo.
Per esempio, quando chiediamo ai bambini di fare il ritratto linguistico di un amico, i bambini tendono a fare un elenco sterminato… da quest’elenco noi dovremmo partire per estrapolare quei pochi elementi che servono per rendere la descrizione veramente efficace, selezionando e individuando, appunto, parole-chiave su cui ragionare.
Sembra impossibile operare sui tempi verbali nella scuola dell’infanzia; eppure leggendo qualsiasi testo verbale incappiamo necessariamente nell’uso dei verbi,che danno un ritmo alla narrazione, così come alla lettura.
Se vogliamo orientarci in questa direzione, comunque non facile, dovremmo prima di tutto ricordare che ci rivolgeremo con particolare attenzione al sistema italiano dei tempi verbali. Le strutture temporali, infatti, sono diverse nelle diverse lingue.
I tempi verbali non hanno solo una funzione deittica (rapporto tra presente / passato / futuro rispetto al soggetto), ma svolgono anche funzioni modali: in altre parole dicono come si svolge un’azione, invece che quando. Basti pensare all’imperfetto che i bambini usano per creare storie (“facciamo che io ero un leone…”) o a quello di cortesia che tutti impieghiamo facendo la spesa (“volevo un etto di prosciutto”). Non si tratta di collocazioni nel tempo passato. Ma di modi di esprimere ciò che stiamo dicendo.
Nella lingua parlata quotidianamente non esiste quasi più il passato remoto, mentre in tutti i racconti che leggiamo, a meno che non si usi il presente (tempo polivalente, che può valere per presente, passato, futuro), il tempo più utilizzato è proprio il passato remoto: un vero pilastro della narrazione.
Nella narrazione esiste un'opposizione radicale tra l'imperfetto e il passato remoto. La narrazione è polarizzata sempre da questi due tempi verbali che si contrappongono.
Ad esempio: “Cappuccetto entrò nel bosco… il lupo spiava...” Sono due formulazioni che non si possono invertire, poiché svolgono due funzioni nettamente diverse: l’imperfetto svolge la funzione di entrare dentro al tempo e permetterci di sentirlo scorrere.
Esso inoltre risponde a più necessità comunicative, tanto che può esprimere:
Il passato remoto, invece, non entra nel tempo, lo punteggia: il tempo scorre cioè, attraverso punti che non hanno spessore temporale: scorre attraverso le successioni, un punto dopo l'altro.
Sarebbe estremamente importante aiutare i bambini a cogliere le differenze d'uso e di significato, oltre che di adeguatezza, dei due diversi tempi: la durata e le caratteristiche dell'imperfetto da un lato, e, dall'altro, la sequenza di punti che compone una storia e che viene evidenziata, sottolineata, dal passato remoto tanto che una storia può sembrare una specie di partitura.
Quando ci inoltriamo in aspetti così sofisticati della lingua non ci aspettiamo apprendimenti formali, né conquiste certe. Ci basta che i bambini si pongano il problema: è già un primo passo verso la consapevolezza.
Di fronte al problema dei tempi verbali le proposte didattiche lasciano il campo all’invenzione, all’intuizione, all’ideazione. Si tratta, come abbiamo detto, di un tema di non facile accesso per bambini di questa età, per cui occorre procedere con estrema cautela e tanta attenzione ai bambini, ai loro pareri e ai loro interessi senza forzare la mano. Sicuramente l’ausilio della musica e degli strumenti musicali si è rivelato fonte di grosse sorprese e conquiste.
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