Siamo di fronte a uno dei casi in cui la prassi didattica, con la sua complessità, pone in guai seri la teoria e tutte le filosofie. E la questione non è solo importante per insegnanti ed educatori professionisti, perché la didattica è un territorio ampio quanto è ampio il sapere e sfumato quanto è sfumata la complessità della mente umana.
Mentre per i casi estremi, come il nostro dialogo col testo di Dino Buzzati, il solito buon senso comune ci soccorre e applaude la chiarezza dei nostri risultati, nelle ampissime zone di confine tra interpretazione e uso, invece, quel buon senso non può darci alcuna garanzia. Leggendo Il deserto, poco fa, abbiamo concluso con un appello al nostro repertorio di cognizioni ed emozioni e lo abbiamo coinvolto nel nostro atto di interpretazione del testo. Ma come creare, in questo caso, dei parametri oggettivi per giudicare quanto di legittimo e quanto no interviene nella nostra interpretazione? Va bene rispondere solo alle domande, per quanto molteplici e potenzialmente infinite, che il testo pone. Ma se la risposta si allontana dal testo? Dov'è tracciata la linea di demarcazione tra interpretare e usare? In termini più "scolastici": quando si può dire a uno studente "non hai interpretato bene questo testo"? Tanto peggio se si tiene in conto che il soggetto, spesso, deve colmare le lacune del testo, per costruire senso e coerenza.
La voce degli insegnanti - forte dell'esperienza - si leverà, a questo punto, nel dire, se non unanime quasi, che una sovrainterpretazione, in molti casi, si distingue da un'interpretazione. E noi sottoscriviamo questa interpretazione, perché, ancora, qui, siamo sorretti dal buon senso, e ci accorgiamo di un testo letto male, o di sfuggita o per niente; ce ne accorgiamo anche a chilometri di distanza. Il delirio è eclatante, e per questo non ci intimorisce. La complessità della questione didattica si pone sulle zone di scarto e di confine, nei luoghi in cui il giovane lettore è entrato nel testo, ha dialogato e, come direbbe ancora Eco, ha fatto per bene ciò che più è invitato a fare quando legge: una "passeggiata inferenziale"14. Cioè un percorso di risposta al testo, nel tentativo di costruire insieme ad esso un'unità di senso, certamente relativa al singolo lettore, ma comunque dialogata, con la fermezza della pagina scritta.
Non crediamo si possa dare alcuna linea di demarcazione precisa, a un apprendista lettore soprattutto. Però questa posizione non può essere motivo di leggerezza nei confronti del testo. Non esistono risposte univoche, e non esistono domande che tutti, indistintamente, sanno ascoltare. È vero; però la complessità si può raccontare. E in questo caso si deve ripercorrere. Invitando lo studente a riflettere sulla sua interpretazione e chiedendogli di costruire, per noi, anche insieme ai compagni se necessario, il tragitto ermeneutico compiuto. Di proporci non un protocollo di lettura, cioè una fotografia impeccabile e nitidissima di tutti i movimenti del suo pensiero; ma almeno una mappa generale che ci permetta di orientarci ed evitare l'imbarazzo di giudicare "giusta" o "sbagliata", Uno o Zero, un'interpretazione. Vedendo i nodi del ragionamento, anche quelli suggeriti dalla sola emozione, l'insegnante può discutere delle singole tappe, e cercare insieme alla classe di comprendere in quali direzioni il reticolo delle conoscenze sia più impervio, o si allontani di più da quello che abbiamo già definito con Eco "lettore modello". Quello che l'insegnante deve inseguire e proporre ai propri studenti è "un'etica della comprensione" che contenga in sé anche l'incomprensione, inevitabile, che la diversità e la soggettività implicano15.
14 Cfr. Eco U. Lector in fabula, Bompiani, Milano, 1979 e Sei passeggiate nei boschi narrativi , op. cit.
15 Sul dialogo tra comprensione e incomprensione, cfr. Morin E., I sette saperi necessari all'educazione del futuro, op. cit. p. 104.
© 2015. MEMO "Multicentro Educativo Modena S. Neri"
Viale Jacopo Barozzi, 172. 41124 Modena. Italia.
È vietata la riproduzione con qualsiasi mezzo analogico o digitale
senza il consenso scritto dell'editore.
Per informazioni scrivere a: memo@comune.modena.it