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Outdoor Education

L’educazione all’aperto, o outdoor education (OE), si connota come una strategia educativa, vasta e versatile, basata sulla pedagogia attiva e sull’apprendimento esperienziale1; è determinata dal principio di applicarsi all’ambiente esterno e naturale. L’OE può essere utilizzata in molteplici itinerari educativi idonei ad approfondire, ampliare, dettagliare quanto viene svolto al chiuso, in sezione. In tal senso non è una strategia che sostituisce il sistema educativo più tradizionale, piuttosto lo affianca, lo completa con esperienze che l’ambiente chiuso non può offrire 2.

Uscire all’aperto, però, non significa riproporre fuori quanto si fa dentro, bensì utilizzare quanto l’ambiente e la natura mettono a disposizione per ulteriori apprendimenti, caratterizzati dai fenomeni che, in modo del tutto naturale, si realizzano all’aperto e non al chiuso: la pioggia, la neve, il vento, la terra, il fango, le piante nelle varie stagioni, gli animali che si annidano tra la vegetazione o sulla terra o sotto terra ecc.

Nella nostra società tecnologico-digitale, tra le altre cose, appare di vitale importanza mantenere nei bambini il sentimento di affinità che li lega alla natura, la biofilia3, per un’educazione al rispetto dell’ambiente e alla sua sostenbilità, in modo che i futuri uomini possano vedere la natura non solo come risorsa da sfruttare, ma come la propria casa. L’ambiente esterno allora è parte della quotidianità e deve essere vissuto dal bambino come ambito educativo a forti connotati sociali, cognitivi, senso-motori ed emotivi.

L’OE offre il vantaggio di una grande flessibilità e adattamento ai contesti, alle diverse fasce d’età, ai diversi obiettivi e progetti. La sua caratteristica principale risiede nella libertà esplorativa, osservativa, manipolativa con cui il bambino può relazionarsi all’ambiente esterno e maturare, attraverso esperienze concrete e dirette, conoscenze, abilità e competenze. Se crediamo che l’infanzia sia l’età in cui la sensibilità senso-motoria, legata all’intelligenza cinestesico-corporea, sia preponderante e fondamentale,non possiamo pensare a progetti educativi realizzati solo all’interno, al chiuso, nella sezione, escludendo l’ambiente esterno e le sue innumerevoli opportunità di apprendimento ed esperienza.

È vero che molte educatrici potrebbero rispondere che escono, che i bambini trascorrono parte del giorno all’aperto, almeno quando la stagione lo permette. Il problema, però, è domandarsi: il nostro uscire è solo ricreativo o, soprattutto, educativo, cioè parte del progetto pensato per quella sezione di bambini? Se pensiamo al fuori come ambiente educativo, allora uscire non è casuale o limitato alla situazione di bel tempo, ma è quotidiano perché parte dell’esperienza educativa, connesso a quanto si fa all’interno, inserito nella progettazione e nella routine giornaliera. Applicare l’OE significa coniugare esperienze concrete, realizzate all’aperto, con momenti di riflessione teorica (narrazione, conversazione) e di produzione finale (grafica, plastica, verbale) realizzati prima e dopo le attività.
Tra le caratteristiche fondamentali dell’OE possiamo richiamare: approccio per soluzione di problemi; contesto ambientale il cortile scolastico come ambiente fruibile quotidianamente; coinvolgimento in prima persona del bambino 4.
In sintesi, gli educatori devono valutare tre possibili atteggiamenti:

  1. lasciare liberi i bambini e seguire le loro intuizioni, i loro interessi, le loro curiosità. Si tratta, in altre parole, di sostenere le azioni intraprese dai bambini e riprenderle in sezione collegandole alla programmazione didattica sia in senso interdisciplinare sia come eventuali approfondimenti o arricchimenti di obiettivi già presenti nel progetto educativo complessivo;

  2. orientamento della curiosità dei bambini verso attività già previste nel progetto educativo, grazie all’abile predisposizione del setting esterno (se cortile scolastico) o alla scelta di setting particolari (se uscita guidata).

  3. L’imprevisto, ovvero un orientamento improvviso, provocato da un fatto o un evento casuale che diviene centro di attenzione e di attività del bambino. L’imprevisto ha il vantaggio di generare stupore, meraviglia e azione facilitando il processo di apprendimento dal noto all’ignoto, cioè l’agire su quanto non era programmato e che diviene esperienza sensibile.

La gestione delle attività OE richiede la collaborazione con le famiglie, la soddisfazione di esigenze logistiche, prima fra tutte l’abbigliamento adeguato (stivaletti, mantelline e cappellini impermeabili, tutine ecc.), che possano consentire l’accesso all’ambiente esterno in tutte le condizioni climatiche e stagionali: leggera pioggia, fango, erba bagnata, neve, vento ecc. In seconda istanza si tratta di gestire in sicurezza gli spazi utilizzati, attraverso un’opportuna predisposizione dell’ambiente stesso e della regolamentazione delle azioni che possono o non possono essere intraprese. Una tale gestione dovrebbe educare i bambini a comportamenti responsabili verso i pericoli, grazie all’esperienza del rischio, emergente dalla consapevolezza dei propri limiti individuali e forgiata dalla relazione in prima persona con l’ambiente esterno.

L’OE, in ultima analisi, si propone come un approccio flessibile e intenzionale con cui le educatrici possono dare qualità al processo educativo rivolto ai loro bambini. Non si deve ricorrere a chissà quali attività, o dotarsi di chissà quali strumenti, ma attraverso la disponibilità di spazi quotidiani è possibile dare libera interpretazione alla naturale curiosità dei bambini verso le cose e gli eventi che accadono loro intorno, quando sono immersi in un ambiente accattivante come quello esterno. La possibilità di agire sull’ambiente crea un circuito educativo virtuoso ed estremamente motivante in cui il fare e il dire si rincorrono continuamente arricchendosi reciprocamente di nuovi apprendimenti attraverso esperienze concrete, astrazioni e trasferibilità a esperienze successive.

 

Note


1 Kolb, D.A. (1984) Experiential Learning: Experience as the Source of Learning and Development, Prentice Hall, Englewood Cliffs (NJ)
2 Nicol R. et al. (2007) Aoutdoor Education in Scotland: A Summary of Recent Research. Scottish Natural Heritage, Edinburgh
3 Wilson, E.O. (1993)   Biophilia and the Conservative Ethic , in S,R.  Kellert & Wilson (eds) The Biophilia Hypothesis. Island Press, Washington D.C
4 Higgins, P, Nicol, R. (2002) Outdoor Education: Authentic Learning in the Context of Landscapes, Comenius Action, Vol.2 2.1 Kisa

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