Page 45 - Studio dei ponti della zona e del mestiere del “barcaiolo o passatore” a Modena Progetto di storia locale in collaborazione con l’Archivio Storico del Comune di Modena classe 5° A Menotti Ic1 Modena Insegnanti Paolo Zanni e Silvia Lotti consulenza Dott.ssa Sara Spallanzani
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E senz'attendere la risposta esitante del signor Podestà, un po' sorpreso, gli aveva
messo in tasca il sacchetto dei soldi, non pochi invero e bagnati dal suo sudore.
E salutando con un goffo inchino, il cappellaccio in mano, aveva dato un'occhiata severa
al signor Podestà, come se l'autorità fosse lui, Ugo, l'umile scarriolante di Villanova, e
l'altro il servitore, ... bofonchiando a bassa voce: “Allora quel posto è per mio figlio...,
intesi, eh, signore?”
E così era stato: se il Potestà fosse rimasto soddisfatto del gruzzolo di Ugo o se fosse
stato intimidito dalla determinazione del vecchio, non ci è dato sapere; fatto sta che di
lì a poco Uberto divenne “Passatore di Ponte Basso” e, a quanto ne sappiamo, ancora lo
è....
Sulle prime Uberto era l'uomo più contento del mondo; aveva fatto un bel salto nella
società: in un mese guadagnava il doppio del padre in una stagione intera e … quanto
sudore in meno!
Gli bastava richiedere il dazio a chi, spingendo la larga chiatta col lungo remo, portava
al mercato animali o merce varia e a chi, tornato dal mercato insoddisfatto e senza aver
venduto, si riportava la sua roba a casa.
E poi qualche volta, sapete com'è, qualche ricco signore o qualche generoso
monsignore, gli lasciava qualche spicciolo in più, a mo' di mancia, e lui mica se li
lasciava scappare ...
Ma sapete qual è il male dell'uomo: anche quand’è contento, prima o poi trova
qualcosa per scontentarsi! E fu così che Uberto volle guardarsi un po' in giro e finì per
andare a dare un'occhiata, così tanto per cambiare, a Ponte Alto, dove c'era Goffredo di
Freto che conosceva di vista...
Stette lì intorno per qualche tempo, un paio d'ore, forse più, e s'avvide che il ponte suo,
di Goffredo, era assai trafficato, più del suo: “Sì, decisamente di più!” dovette
ammettere fra sé e sé sulla via del ritorno. E una strana inquietudine - a cui non aveva
ancora dato un nome, ma “invidia” poteva stargli bene - gli si era posata come un
mattone sul cuore e quella notte dormì male rigirandosi nel letto duro fino al mattino.
Il giorno seguente, scuro in volto, non si mostrò affatto cortese coi campagnoli che
traghettò sulla riva opposta e neppure quando il signor Ricci, col suo elegante calesse,
oltre a pagargli la tariffa giusta, gli lasciò una copiosa mancia, Uberto seppe fare il
solito, largo sorriso di gratitudine...
Qualcuno lo notò: “Ma che hai oggi, Uberto? Non sei allegro come al solito!” gli fece
Aldino di Villa san Pancrazio senza ottenere risposta.
Gli è che la sera, davanti a un fiasco di vino rosso, nell'osteria lì vicino, Uberto si confidò
con Amilcare, che abitava in città, nel quartiere san Faustino, ma aveva l'abitudine di
venire a bere qui, a Ponte Basso, perché se per caso beveva un po' troppo – e capitava
spesso! - qui non c'era gente che lo conosceva e sua moglie l'avrebbe lasciato in pace...