Page 13 - La nostalgia della speranza
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fanno i sogni: vengono dal nostro io più profondo, lo sappia-
               mo benissimo, eppure spesso ci stupiscono, e non sappiamo
               spiegarli.  Ci vuole coraggio, per avventurarsi in questa oscu-
               rità: anche questo andava detto. Il coraggio della sincerità,
               di guardarsi dentro anche se ci fa paura e di lasciarsi andare,
               esponendosi allo sguardo e al giudizio degli altri. Non tutti
               ce l’hanno, questo coraggio. E voi? ho chiesto. Ve la sentite
               di provare a tirarlo fuori? Quanto siete disposti ad ascoltare
               ogni opinione, e a dare e ricevere con tutta la generosità di
               cui c’è bisogno?


               La generosità è la terza e forse la più importante, delle parole
               per lavorare insieme: perché nessun gruppo può funziona-
               re, se chi ne fa parte punta a dimostrare di essere più bravo
               degli altri, a farsi vedere o al contrario a nascondersi, senza
               donare niente di sé e nessuna fatica. È proprio come in una
               squadra di calcio, ho detto – e non eravamo ancora in tempi
               di campionati europei. Ma la metafora valeva lo stesso, per-
               ché vale sempre. I goal non si fanno da soli, si fanno solo se
               quando è necessario si ha la generosità di passare la palla. E
               se si passa al momento giusto non conta poi chi ha segnato,
               ma quale squadra ha vinto la partita: se si perde si perde in-
               sieme, se si vince vincono tutti.


               Hanno capito. Alla fine hanno vinto tutti e tutte, nelle mera-
               vigliose squadre della Quarta A e Quarta B: e la vittoria più
               grande non è nemmeno questo libro, per quanto bellissimo,
               ma il fatto di essere riusciti a pensarlo e illustrarlo e scriver-
               lo davvero INSIEME, perfino quando le regole della scuola
               imponevano che insieme fisicamente nei piccoli gruppi non
               si poteva stare, e che per mantenere il distanziamento una
               grossa parte del lavoro andava fatta a distanza. Ce l’hanno
               fatta: ancora oggi stento a crederlo. Ce l’hanno fatta perfi-
               no senza litigare, cosa ancora più incredibile – o piuttosto,
               litigando quel tanto che è necessario per ascoltarsi e capirsi,
               perché nessuno si senta escluso, perché anche litigare a vol-
               te fa bene, se serve a raggiungere una soluzione condivisa



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