Page 17 - La nostalgia della speranza
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ti gli altri racconti. È un’inversione che riguarda soprattutto
               bambine e bambini, di cui gli animali sono alleati e proie-
               zione fantastica, così come una vasta gamma di strumenti e
               personaggi magici. Un’inversione di ruolo: da vittime passi-
               ve della pandemia e di tutto l’armamentario per affrontarla
               messo in campo dal mondo adulto, a soggetti attivi, PROTA-
               GONISTI vincenti e “magici”, appunto, della lotta per sconfig-
               gere il virus. Una lotta che secondo Alice, Giovanni e Serena,
               della Quarta A, conduce a trovare la cura del male fra i segre-
               ti dell’antico Egitto, secondo Elisa, Gaia, Matteo e Ulisse della
               Quarta B porta a scoprire che il Covid si nasconde nel bo-
               sco, e che anche il maestro è “uno scagnozzo del coronavirus”,
               mentre nella narrazione di Giulio, Lina, Sofia e Sofia, sempre
               della Quarta B, il nemico sono misteriose “strisce nere”, con i
               loro perfidi strumenti le “strisce pere”, e a sconfiggerlo, con
               l’aiuto magico di Lady Sofia, sono Giulio, Andrea e Marghe-
               rita, tre personaggi di cui si narra, guarda caso, che “frequen-
               tavano la stessa scuola, erano in quarta B”.


               L’immaginazione, insomma, si è trasformata nelle mani di
               questi piccoli scrittori e scrittrici in uno strumento formida-
               bile per rovesciare l’impotenza: quell’impotenza da cui trop-
               pe volte noi adulti per primi siamo schiacciati. E questo si
               sente con forza anche nelle uniche due storie di stampo più
               realistico, in cui a combattere il virus non sono bambine e
               bambini con i loro alleati magici e/o a quattro zampe, ma
               scienziate e scienziati, come nella realtà.  È il caso de “Il trio
               dei fantastici dottori”, di Elena, Kirsten e Nicolas della Quarta
               A, che comunque non a caso hanno chiamato i loro prota-
               gonisti in camice bianco con tre nomi che evocano i loro,
               Kristina, Niklas e Jennifer, e li hanno dotati di amici animali;
               ed è vero anche per “La famiglia Bitonzi”, di Chiara, Elisa, Ema-
               nuele e Maram, della Quarta B, che non è nemmeno storia di
               dottori ma di una famiglia più che normale, come illustrato
               molto bene anche dai disegni. Eppure, anche dalla narrazio-
               ne di questa normalità familiare, così come in quella citata
               sopra, degli ospedali in prima linea, emerge un’incredibile



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