Page 10 - La nostalgia della speranza
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eppure cruciale per il benessere di ogni persona, soprattutto
            se quella persona è nella fase della vita che si chiama infan-
            zia. L’impatto psicologico della malattia e della morte, l’espo-
            sizione alla paura e all’irrazionalità degli adulti, il mutare con-
            tinuo delle regole di vita sociale, la privazione di alcune fonti
            essenziali di nutrimento emotivo quali il rapporto con i coe-
            tanei, il contatto fisico, i baci e gli abbracci delle persone care
            e persino i loro sorrisi... Quali tracce hanno lasciato queste
            esperienze e questi traumi, ci siamo chieste, nella psiche di
            bambine e bambini? E come possiamo aiutarli ad affrontarli,
            se in primo luogo non cominciamo ad ascoltare la loro voce?
            Cosa hanno da dire, cosa pensano, cosa raccontano e hanno
            raccontato, cos’hanno taciuto ma brucia dentro? Quali stru-
            menti abbiamo, per fare emergere questo non detto?


            La parola: non sarei scrittrice, se non credessi nel potere for-
            midabile  di  questo  antico  strumento.  Un  potere  terribile,
            come vediamo quotidianamente negli effetti devastanti dei
            discorsi d’odio sui social network e non solo. E per conver-
            so, se usata bene, sappiamo quanto la parola abbia anche
            il potere di risanare, di dare ali per liberarsi e librarsi in alto,
            tessendo fili invisibili per ricostruire una connessione fra noi
            quando la realtà ci separa. Non è un caso, se all’inizio di set-
            tembre del 2020, quando le classi finalmente si sono ritro-
            vate in presenza, le loro insegnanti Viviana, Tullia e Barbara
            hanno proposto come prima attività una ricerca sulle parole
            che potessero dire il vissuto dell’anno scolastico precedente.
            Un lavoro collettivo, ma fondato su una prima fase di rifles-
            sione individuale, quasi segreta: emozioni e pensieri da af-
            fidare silenziosamente ad una propria busta, spesso anche
            lei tramutata in mezzo di comunicazione, con decorazioni e
            immagini.

            Anche a distanza, quelle buste ho potuto aprirle tutte, una
            per una: con la stessa trepidazione con cui, alcuni mesi pri-
            ma, avevo letto la raccolta di “parole regina” messa insieme
            nel 2020 dalla quinta B dell’I.C. di viale Adriatico a Roma,



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