Page 24 - Studio dei ponti della zona e del mestiere del “barcaiolo o passatore” a Modena Progetto di storia locale   in collaborazione con l’Archivio Storico del Comune di Modena     classe 5° A Menotti Ic1 Modena Insegnanti Paolo Zanni e Silvia Lotti consulenza Dott.ssa Sara Spallanzani   
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LA CRONACA DAL PUNTO DI VISTA DEL COGNATO LUIGINO
           I miei guai iniziarono il 23 settembre 1541.
           Eravamo io e Giovanni  Dondin, mio cognato, seduti sulla barca a berci qualche
           bicchiere di vino, dopo una lunga giornata di lavoro per tirarci su il morale; era verso
           mezzanotte, ridevamo sulla Contessa Coccapani che durante un transito stava per finire
           in acqua, ridevamo per quel signorotto di Bologna che era più grasso di una botte di
           vino. Eravamo tranquilli, un po’ sbronzi per il bicchiere in più che avevamo bevuto.



           Giovanni si sentì stanco e si diresse verso la baracca per andare a dormire; mi urlò!!
           “Lega il legno, qui i malviventi passano spesso! “
           Ero tranquillo, stavo legando il legno, con il cavestro, la barca;  mi diressi verso la
           baracca, ma non feci in tempo ad entrare che una voce brusca e prepotente mi urlò:
           “Slegate subito la barca, è un ordine!”
           Mi voltai e vidi un cavaliere condotto da una guida che mi ordinò di nuovo di farli
           passare!! Io preoccupato non sapevo cosa fare, poi vidi la guida che, come gesto di
           sfida, tagliò il canestro, rischiando che la barca se ne andasse!

           Allora mi affrettai a chiamare Giovanni che usci dalla baracca infuriato con una rivoltella
           in mano ed esplose due colpi di pistola… che fortunatamente non li colpì, ma li
           spaventò talmente che scapparono via con il loro cavallo!
           Dondin crollò sul letto e Io mi unii alla sua “Ronfata!” RONF! RONF! RONF!
           La mattina seguente, Vanda, la moglie di Giovanni, ci svegliò gridando: “Giovanni,
           Luigino… sono arrivate le guardie del Duca!!” Noi ci svegliammo in fretta e furia;
           uscimmo dalla baracca; le guardie iniziarono a gridare: “Per l’atto scellerato commesso
           la sera scorsa 23 settembre 1541, Il Duca ha preso la decisione di condannarvi a tre
           tratti di corda”
           Io e Dondin eravamo terrorizzati per quello che ci stava accadendo. Venimmo portati in
           una cella umida e fredda, completamente buia! Sussurrai “Giovanni, mi senti, speriamo

           che il Duca ci conceda la grazia” “è vero, speriamo per te!” Io gli domandai: “E perché?
           Ci sono anch’Io in questa situazione”. Giovanni mi rispose: “è vero, però ho sparato Io,
           non tu, è mia la colpa!”
           Sapemmo che i nostri parenti erano andati a parlare con il Duca, chiedendogli la grazia,
           ma Lui aveva risposto: “NO, che questo sia di esempio a tutti!!!”
           A un certo punto vedemmo la cella aprirsi, sei guardie ci portarono con forza in piazza
           davanti a tutti i cittadini.
           I nostri parenti più stretti piangevano , non volevano assistere a quel terribile supplizio.
           Ci legarono mani e piedi e ci misero sul bordo della Roccia Ringadora e poi iniziò la

           sofferenza: ci buttarono giù tre volte.
           La prima mi ruppi i legamenti delle spalle, Giovanni invece il naso; ci riportarono su,
           avevamo le lacrime agli occhi e con spintoni continui, ci rimisero sulla roccia e ci
           ributtarono giù e mi ruppi i legamenti delle gambe, invece Giovanni quelli delle braccia;
           per l’ultima volta in un bagno di lacrime, ci buttarono giù: Io mi ruppi i polsi, mentre
           Giovanni si slegò tutti i legamenti.
           Anche adesso, quattro anni dopo, io e Giovanni siamo ancora invalidi e per il resto della
           nostra vita non potremmo più lavorare.


                                            Davide T.  Luca e Alessandro
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