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Articoli pubblicati nel blog  VOCIDALBRANCO.IT  - Anno 2010


            presto, addirittura prima della sua uscita, fenomeno di costume, e ha suscitato nella
            italica intellighenzia un polemico dibattito. Maria Laura Rodotà, sul Corriere della Sera,
            ha annunciato che, pur essendo fan della prima ora della serie TV, si sarebbe rifiutata di
            andarlo a vedere; gli ex politici ex sessantottini postdalemiani Claudio Velardi e Fabrizio
            Rondolino, dal loro Blog “The front page” hanno accusato il film alimentare un modello
            femminile frivolo ed effimero ed, in quanto tale, degradante. Le “favolose quattro”,
            trotterellando per new york city sulle loro Manolo Blahnik tacco 12, incoraggerebbero
            subliminalmente, ma neanche tanto, lo shopping compulsivo, e farebbero perdere di
            vista alle donne quelle che dovrebbero essere le priorità. Il solito vecchio luogo comune,
            apparentemente femminista, ma in realtà misogino, in forza del quale basta una seduta
            dal parrucchiere per perdere la cosiddetta identità di genere, e la passione del pubblico
            femminile per Carrie Bradshaw & C., sarebbe una delle concause che ha contribuito a far
            classificare l’Italia, nella classifica delle pari opportunità del World Economic Forum, al
            72mo posto, subito prima della Tanzania.
            In altre parole, care donne e care ragazze, se volete farvi prendere sul serio, nella vita e
            nel lavoro, evitate la ceretta, indossate sandali francescani e saio, altrimenti sarete
            considerate decisamente pupe, mai secchione. Non azzardatevi a porvi come individui
            complessi (intelligenti e brillanti su un tacco 12? Troppa roba, impossibile), perché
            l’italico, contemporaneo Burka, è questo, ed assume una duplice faccia. Se belle, o
            gradevoli, siate almeno cretine, e guardatevi dal somigliare anche lontanamente a Carrie
            Bradshaw. Se intelligenti, vedete di ricordare, eventualmente Ugly Betty, così le caselline
            sono al loro posto e non ci confondiamo, perdinci.
            In realtà Sex & The City sia nella trasposizione cinematografica che nella serie TV,
            affronta anche questi temi, con leggerezza, intelligenza ed ironia. Rompe gli schemi
            (come quello descritto sopra) li distrugge, li demolisce. Infatti, nel sequel, vedremo, ad
            esempio, l’Avvocato Miranda di fronte alla presa di coscienza che puoi essere un
            avvocato brillante e preparato finchè vuoi, ma se donna, la tua carriera sarà ben lungi dal
            raggiungere i vertici. Vedremo poi toccati temi tabù come l’omosessualità, tanto che la
            pellicola si apre con un matrimonio gay, come se fosse (o dovrebbe essere) la cosa più
            naturale del mondo. E’ vero, talvolta le gag degenerano in macchiette degne di un
            cinepanettone (ma, siamo onesti, se andiamo a vedere Sex & The City mica ci aspettiamo
            Kiarostami), la passeggiata a dorso di Cammello in Dior e Loboutin tacco 12 sono
            talmente irrealistiche da far sorridere, ma saranno proprio quelle tanto vituperate griffes
            a rappresentare un quantomeno momentaneo sollievo a quello vero, di Burka, nel
            momento in cui un gruppo di donne mediorientali confiderà alle protagoniste come, a
            volte, un frivolo Dior possa rappresentare una momentanea, sicuramente effimera, ma
            salubre forma di decompressione dagli obblighi imposti al genere femminile in
            quell’universo, così sconosciuto a noi occidentali. .
            Quindi, care ragazze, di venti o quaranta anni, andiamo a vedere sex and the city II,
            magari con le amiche, un po’ come i maschietti vanno al bar, o al calcetto: per noi, è un
            po’ come la finale dei mondiali. E quanto allo shopping compulsivo, tranquillizziamo i
            post dalemiani: noi fashion victim ce la facciamo tranquillamente a fare danni, con o


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