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In questo caso sono le buone pratiche documentate dalle insegnanti in servizio a diventare modelli nella formazione. Ecco così la realizzazione di centinaia di tesine, preparate dalle studentesse come parte dell’esame, nelle quali le insegnanti in formazione “imitano” le buone pratiche delle insegnanti esperte (costruzione ed utilizzo di protocolli di osservazione sulle competenze numeriche o sulle competenze spaziali; repliche di frammenti di esperimenti didattici innovativi; giochi di comunicazione, ecc.). Molte di queste tesine evolvono verso la redazione di tesi di laurea, in cui si ricostruisce in modo esplicito la sinergia tra teoria e prassi. Nel 20083 ho pubblicato un’edizione ampliata del “vecchio” libro del 1991 comprendente anche i risultati di alcuni di questi lavori svolti dalle studentesse e dalle laureande.
C’è un elemento comune tra formazione in servizio e formazione iniziale?
L’analisi culturale degli oggetti del sapere e del contesto è per me e per parecchi miei colleghi italiani il denominatore comune della formazione in servizio e della formazione iniziale. E’, forse, un approccio provocatorio, perché è molto diffusa la convinzione che la matematica sia un linguaggio universale con l’implicita conseguenza che ci sia un metodo universale per insegnarla.Invece, come ci insegna Bishop, anche se sono universali le necessità a cui l’umanità vuole dare risposta anche con la matematica, è connotata culturalmente la tecnologia simbolica (ad esempio la produzione di numerali e i modi di usarli) sviluppata.
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