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Articoli pubblicati nel blog  VOCIDALBRANCO.IT  - Anno 2009


            particolare: la macchina da presa è posta all’altezza della “testa” dei fiori (diversamente
            rispetto alla classica ripresa dall’alto che appiattisce il campo disegnandolo come una
            macchia gialla ed indistinta); ciò permette allo spettatore di distinguere ogni singolo
            petalo o stelo,  colpiti da una luce frontale che scava impietosa tra le foglie e le
            irregolarità di ognuno di essi. Una foglia avvizzita, il capo del fiore abbassato; ogni fiore
            può essere studiato singolarmente e la luce scolpisce la tridimensionalità di ognuno di
            essi, facendoci sentire davanti ad una schiera di esseri umani sofferenti.
            Dopo questa scena in esterno, la macchina da presa si sposta all’interno di un carro
            armato israeliano guidato da una squadra di carristi giovani, inesperti ed intimoriti.
            Shmulik, l’artigliere, Assi, il comandante, Herzl, l’addetto al caricamento dei fucili, Yigal,
            l’autista, sembrano non avere la minima esperienza in fatto di guerra. Ed è proprio il loro
            sguardo quello che ci viene trasmesso dalla macchina da presa, che scruta la realtà
            attraverso il mirino di puntamento, uno sguardo che si caratterizza innanzitutto per la
            sua limitatezza.
            I quattro carristi sono come pedine di un gioco complesso e terribile, in cui si eseguono
            gli ordini senza fare domande. Il carro è stato mandato, insieme ad un plotone di altri
            soldati, a perlustrare una cittadina ostile precedentemente bombardata dall’aviazione
            israeliana. Le riprese all’interno del carro armato diventano sempre più claustrofobiche
            ed angoscianti nel corso del film, mentre l’atmosfera diviene quasi atemporale. Il lento
            scivolare di residui di cereali, fuoriusciti da un sacco di viveri, lungo le pareti
            dell’abitacolo è l’unico segno del tempo che scorre.
            I militari giungono infine nella cittadina devastata dalle bombe. Sempre attraverso il
            mirino del carro armato, assistiamo alla scena di una giovane donna che cammina fuori
            di sé in mezzo alle macerie, in cerca della figlia. La tensione emotiva cresce sempre di più
            perché i militari non riescono a ristabilire il contatto con il comando centrale e
            rimangono intrappolati nella cittadina, circondati dalle truppe siriane.
            Il film lascia in bocca il sapore amaro della guerra e una forte sensazione di impotenza,
            ma rende possibile una maggiore consapevolezza nei confronti di tematiche che spesso
            non si vogliono affrontare perché troppo complesse e difficili da comprendere, tutto
            questo attraverso una regia semplicemente eccezionale.

                                                                                         Natalia Guerrieri
                                                                                         (Liceo Muratori)




















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