A scuola c'è uno spazio cucina molto frequentato perché richiama la vita di casa, con i suoi odori, sapori, profumi e il piacere di aiutare mamma o papà a preparare qualcosa di buono, e perché alimenta il gioco spontaneo in cui avvengono processi di identificazione, si favoriscono relazioni e scambi affettivi.
Non solo: la cucina è anche il luogo dove si compiono importanti operazioni cognitive: i bambini mettono in pratica prime nozioni matematiche provando dosi e quantità, scoprono relazioni di causa ed effetto, fanno previsioni su quello che succederà, arricchiscono il vocabolario con parole anche inventate che danno conto delle sensazioni. La farina gialla è ruvidesca, pizzicosa, quella bianca è morbida, volante; lo zucchero è granellato, appiccicoso; scoprono le proprietà delle cose. Infatti i bambini sperimentano gesti per manipolare gli ingredienti, imparano gradualmente ad utilizzare gli utensili, provano mescolanze, soluzioni, impasti e si accorgono, delle trasformazioni che i materiali subiscono, "lo zucchero è sparito, ma c'è ancora perché l'acqua è diventata dolce", di proprietà che cambiano o che rimangono stabili. Il fare è accompagnato dalle riflessioni, dal linguaggio che esprime, interpreta, fornisce spiegazioni plausibili su quello che succede.